Agevolazioni acquisto prima casa ,non si scusa la tardiva residenza.
Perdonabili, eccezionalmente, soltanto le cause di forza maggiore adeguatamente dimostrate dal contribuente
Un contribuente ha impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale competente l’avviso di liquidazione emesso da un ufficio relativo alla revoca dei benefici fiscali per la prima casa, in considerazione del fatto che il mancato trasferimento della residenza nei 18 mesi prescritti dalla norma di riferimento doveva attribuirsi a un impedimento oggettivo e non prevedibile, consistente in un’infiltrazione di acque reflue proveniente dall’appartamento sovrastante.
Gli step del contenzioso
La Ctp accoglieva il ricorso.
In seguito all’appello presentato dall’Agenzia delle Entrate, la Ctr competente ha confermato le conclusioni raggiunte in primo grado, rilevando che la sussistenza di detto impedimento non aveva fatto decadere il contribuente dal beneficio, consentendo uno slittamento del termine per il perdurare della forza maggiore, il cui venir meno aveva poi consentito l’iscrizione nell’anagrafe del Comune. A fronte di tale decisione, l’Agenzia ha proposto ricorso dinanzi alla Corte di cassazione.
La sentenza di legittimità
La Suprema corte, con la sentenza 1392 del 26 gennaio, ha innanzitutto ritenuto irrilevante la circostanza secondo la quale il contribuente si era attivato nei termini di legge e con ogni mezzo per ottemperare agli obblighi descritti dalla norma. Difatti, ai fini della fruizione delle agevolazioni per la prima casa (imposta di registro nella misura del 3% e imposte ipotecarie e catastali in misura fissa), non è sufficiente la mera attivazione per trasferire nei termini la residenza, posto che detto requisito deve essere assolto inderogabilmente entro 18 mesi dall’acquisto, non costituendo elemento dirimente la circostanza del successivo ottenimento della stessa (cfr Cassazione, sentenza 4628/2008).
La norma agevolativa in materia di prima casa prescrive, tra le condizioni richieste per beneficare del regime di favore, che “…l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquisito come prima casa sul territorio nazionale. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto” (nota II bis all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al Testo unico dell’imposta di registro).
La Cassazione precisa, con riferimento al caso di specie, che un’infiltrazione di acque reflue in un appartamento non costituisce un impedimento riconducibile alle ipotesi di forza maggiore, in considerazione, tra l’altro, dell’apprezzabile lasso di tempo che la legge concede all’acquirente per attuare il trasferimento di residenza, fatta salva l’ipotesi in cui il contribuente fornisca la prova dell’insorgenza di una problematica di difficile soluzione e del suo protrarsi, cioè di una complicanza capace di impedire in modo assoluto l’ottenimento del trasferimento della residenza anagrafica.
Pertanto, a prescindere dalla decisione relativa al caso concreto, la Corte riconosce implicitamente cittadinanza alle ipotesi di forza maggiore, purché la loro ricorrenza sia adeguatamente provata.
In particolare, con la sentenza 1616/1981, precisò che ricorre una causa di forza maggiore quando si verifica un impedimento oggettivo imprevedibile e tale da non poter essere evitato, e pertanto un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione caratterizzato da non imputabilità alla parte obbligata, inevitabilità e imprevedibilità dell’evento.
Fonte: Fisco Oggi
Un contribuente ha impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale competente l’avviso di liquidazione emesso da un ufficio relativo alla revoca dei benefici fiscali per la prima casa, in considerazione del fatto che il mancato trasferimento della residenza nei 18 mesi prescritti dalla norma di riferimento doveva attribuirsi a un impedimento oggettivo e non prevedibile, consistente in un’infiltrazione di acque reflue proveniente dall’appartamento sovrastante.
Gli step del contenzioso
La Ctp accoglieva il ricorso.
In seguito all’appello presentato dall’Agenzia delle Entrate, la Ctr competente ha confermato le conclusioni raggiunte in primo grado, rilevando che la sussistenza di detto impedimento non aveva fatto decadere il contribuente dal beneficio, consentendo uno slittamento del termine per il perdurare della forza maggiore, il cui venir meno aveva poi consentito l’iscrizione nell’anagrafe del Comune. A fronte di tale decisione, l’Agenzia ha proposto ricorso dinanzi alla Corte di cassazione.
La sentenza di legittimità
La Suprema corte, con la sentenza 1392 del 26 gennaio, ha innanzitutto ritenuto irrilevante la circostanza secondo la quale il contribuente si era attivato nei termini di legge e con ogni mezzo per ottemperare agli obblighi descritti dalla norma. Difatti, ai fini della fruizione delle agevolazioni per la prima casa (imposta di registro nella misura del 3% e imposte ipotecarie e catastali in misura fissa), non è sufficiente la mera attivazione per trasferire nei termini la residenza, posto che detto requisito deve essere assolto inderogabilmente entro 18 mesi dall’acquisto, non costituendo elemento dirimente la circostanza del successivo ottenimento della stessa (cfr Cassazione, sentenza 4628/2008).
La norma agevolativa in materia di prima casa prescrive, tra le condizioni richieste per beneficare del regime di favore, che “…l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquisito come prima casa sul territorio nazionale. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto” (nota II bis all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al Testo unico dell’imposta di registro).
La Cassazione precisa, con riferimento al caso di specie, che un’infiltrazione di acque reflue in un appartamento non costituisce un impedimento riconducibile alle ipotesi di forza maggiore, in considerazione, tra l’altro, dell’apprezzabile lasso di tempo che la legge concede all’acquirente per attuare il trasferimento di residenza, fatta salva l’ipotesi in cui il contribuente fornisca la prova dell’insorgenza di una problematica di difficile soluzione e del suo protrarsi, cioè di una complicanza capace di impedire in modo assoluto l’ottenimento del trasferimento della residenza anagrafica.
Pertanto, a prescindere dalla decisione relativa al caso concreto, la Corte riconosce implicitamente cittadinanza alle ipotesi di forza maggiore, purché la loro ricorrenza sia adeguatamente provata.
In particolare, con la sentenza 1616/1981, precisò che ricorre una causa di forza maggiore quando si verifica un impedimento oggettivo imprevedibile e tale da non poter essere evitato, e pertanto un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione caratterizzato da non imputabilità alla parte obbligata, inevitabilità e imprevedibilità dell’evento.
Fonte: Fisco Oggi