Per il contribuente che deve pagare l’ICI il valore di mercato stabilito dal Comune sulle aree fabbricabili non è vincolante.
La Quinta Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 21764/2009) ha stabilito che non è vincolante per il contribuente che deve pagare l’ICI il valore di mercato stabilito dal Comune sulle aree fabbricabili. È come “uno studio di settore”, il proprietario può fornire la prova di un valore più basso. I Giudici del Palazzaccio hanno infatti evidenziato che “in tema di ICI (…) l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicazione del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ‘ius aedificandi’ o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma primo, lettera f), del d. lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio”. La Corte ha inoltre evidenziato che “(…) secondo la Corte Costituzionale la potenzialità edificatoria del’area fabbricabile, anche se prevista da strumenti urbanistici solo in itinere o ancora inattuati, costituisce notoriamente un elemento oggettivo idoneo ad influenzare il valore del terreno e, pertanto, rappresenta un indice di capacità contributiva adeguato, ai sensi dell’art. 53 Cost., in quanto espressivo di una specifica posizione di vantaggio economicamente rilevante; e ciò indipendentemente dall’eventualità che, nei contratti di compravendita, il compratore, in considerazione dei motivi dell’acquisto, si cauteli condizionando il negozio alla concreta edificabilità del suolo, trattandosi di una ipotetica circostanza di mero fatto, come tale irrilevante nel giudizio di legittimità costituzionale. Né il criterio del valore venale può comportare una valutazione fissa ed astratta del bene, ma consente di attribuire al terreno (già qualificato come edificabile dallo strumento urbanistico generale) il suo valore di mercato, adeguando la valutazione alle specifiche condizioni di fatto del bene e, quindi, anche alle più o meno rilevanti probabilità di rendere attuali le potenzialità edificatorie dell’area--